Ricorso ex art. 127 Costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso  ex  lege  dall'Avvocatura  generale
dello   Stato   c.f.   80224030587,    fax    06/96514000    e    PEC
roma@mailcert.avvocaturastato.it,  presso  i  cui  uffici   ex   lege
domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 
    nei confronti della Regione Puglia,  in  persona  del  presidente
della  giunta  regionale  pro  tempore,  per  la   dichiarazione   di
illegittimita' costituzionale degli articoli 15, 61, 66, 72, 86, 93 e
102 della legge della Regione Puglia n.  67  del  28  dicembre  2018,
pubblicata  sul  B.U.R  n.  165  del  31   dicembre   2018,   recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  di  previsione  2019  e
bilancio  pluriennale  2019-2021  della  Regione  Puglia  (Legge   di
stabilita'  regionale  2019)»,  giusta  delibera  del  Consiglio  dei
ministri in data 27 febbraio 2018. 
    Con la legge regionale n. 67 del 28  dicembre  2018  indicata  in
epigrafe, che consta di cento diciassette articoli, la Regione Puglia
ha emanato  le  «Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  di
previsione 2019 e bilancio pluriennale 2019-2021 della Regione Puglia
(Legge di stabilita' regionale 2019)». 
    E' avviso del Governo che, con le norme denunciate  in  epigrafe,
gli articoli 15, 61, 66, 72, 86, 93 e 102 della legge  della  Regione
Puglia n. 67/2018 citata, la  Regione  Puglia  abbia  ecceduto  dalla
propria competenza in violazione della normativa costituzionale, come
si confida di dimostrare in appresso con l'illustrazione dei seguenti 
 
                               Motivi 
 
1. L'art. 15 della legge Regionale 28 dicembre  2018,  n.  67  citata
viola gli articoli 9 e 117, comma 2, lettera s), della Costituzione. 
    L'art. 15  citato,  recante  «Ulteriori  contesti  paesaggistici.
Sistema sanzionatorio», dispone che  «1.  Fatte  salve  le  eventuali
sanzioni penali applicabili, chiunque  realizzi  interventi  in  aree
individuate ai sensi dell'art 143, comma 1, lettera e),  del  decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali  e  del
paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della legge 6 luglio 2002, n.  137),
come ulteriori contesti senza la previa sottoposizione agli strumenti
di controllo preventivo previsti nel medesimo piano  paesaggistico  o
in   difformita'   al    provvedimento    autorizzativo    rilasciato
dall'autorita'  competente   all'esperimento   della   procedura   di
verifica, e'  soggetto  al  pagamento  di  una  sanzione  pecuniaria.
L'entita' della sanzione e'  determinata  sulla  base  della  maggior
somma tra il danno arrecato e il profitto conseguito, da calcolare ai
sensi del decreto del Ministro per i beni culturali e ambientali  del
26 settembre 1997. 2. All'accertamento degli illeciti  amministrativi
di cui al comma 1 concorre  la  Sezione  vigilanza  ambientale  della
regione Puglia.  3.  La  Regione,  ai  fini  dell'accertamento  degli
illeciti amministrativi  di  cui  al  comma  1,  puo'  avvalersi  del
supporto, previa stipula di specifica convenzione, del Comando unita'
per la tutela forestale ambientale e agroalimentare dei  Carabinieri.
4. All'irrogazione delle sanzioni amministrative di cui  al  comma  1
provvede  il  Presidente  della  Regione  Puglia  ovvero  il   legale
rappresentante dell'ente delegato a norma  della  legge  regionale  7
ottobre 2009, n. 20 (Norme per la pianificazione paesaggistica),  ove
individuato. 5. I proventi derivanti dall'applicazione delle sanzioni
amministrative di cui al comma 1  sono  destinati  alla  salvaguardia
nonche' alla realizzazione  di  interventi  di  recupero  dei  valori
paesaggistici e di  riqualificazione  degli  immobili  e  delle  aree
degradati o interessati dalle rimessioni in  pristino.  6.  Le  somme
introitate dalla Regione a seguito dell'irrogazione delle sanzioni di
cui al comma 1 sono iscritte nel bilancio regionale  autonomo,  parte
entrata, nell'ambito del titolo 3, tipologia  200,  e  destinate  nel
bilancio regionale autonomo, parte spesa, nell'ambito della  missione
9,  programma  5,  titolo   2,   alla   salvaguardia   nonche'   alla
realizzazione di interventi di recupero dei valori paesaggistici e di
riqualificazione degli immobili e delle aree degradati o  interessati
dalle rimessioni in pristino.  7.  Per  il  triennio  2019-2021,  nel
bilancio regionale autonomo, parte entrata, nell'ambito del titolo 3,
tipologia 200 e parte spesa, nell'ambito della missione 9,  programma
5, titolo 2, e' assegnata una dotazione finanziaria  per  l'esercizio
finanziario 2019, in termini di competenza e cassa, di euro  5  mila.
La medesima dotazione  finanziaria,  in  termini  di  competenza,  e'
assegnata per ciascuno degli esercizi finanziari 2020 e 2021.». 
    L'art. 15 introduce, quindi, un  sistema  sanzionatorio  riferito
agli interventi realizzati sugli «ulteriori  contesti  paesaggistici»
di cui all'art. 143, comma 1, lettera e), del decreto legislativo  22
gennaio 2004, n. 42,  «Codice  dei  beni  culturali»,  norma  che  in
materia di «piano paesaggistico» riserva allo Stato «l'individuazione
di eventuali ulteriori contesti diversi da quelli indicati  dall'art.
134,  da  sottoporre  a   specifiche   misure   di   salvaguardia   e
utilizzazione.» 
    L'art. 134 definisce, infatti, i beni paesaggistici. 
    In tal modo la norma impugnata viola  la  competenza  legislativa
esclusiva dello Stato in materia di paesaggio, di cui agli articoli 9
e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. 
    Va ricordato che, per costante giurisprudenza costituzionale,  la
materia ambiente e'  «trasversale»  e  «prevalente»,  spettando  allo
Stato  la  competenza  a  fissare  i  livelli  di   tutela   uniforme
sull'intero territorio nazionale. 
    Il carattere trasversale  della  materia  de  quo,  legittima  le
regioni  solo  a  provvedere  attraverso  la   propria   legislazione
esclusiva o concorrente in relazione a temi che hanno riflessi  sulla
materia ambientale,  dall'altro  non  interferisce  sulla  competenza
esclusiva dello Stato a  stabilire  regole  omogenee  nel  territorio
nazionale per procedimenti e competenze  che  attengono  alla  tutela
dell'ambiente e alla salvaguardia del territorio (sentenza n. 249 del
2009). 
    La   giurisprudenza   costituzionale,   infatti,   e'    costante
nell'affermare, da un lato, che  la  materia  «tutela  dell'ambiente»
rientra nella competenza legislativa esclusiva dello Stato,  appunto,
ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione
e inerisce a un interesse pubblico di valore costituzionale  primario
ed assoluto; dall'altro, che si tratta di una «materia  trasversale»,
titolo che legittima lo Stato ad adottare disposizioni a tutela di un
valore costituzionalmente protetto, anche in «campi di esperienza»  -
le cosiddette «materie» in senso proprio - attribuiti alla competenza
legislativa regionale. 
    Ne deriva che le disposizioni  legislative  statali  adottate  in
tale ambito fungono da limite alla disciplina che le regioni, anche a
statuto speciale, e le province autonome, dettano nei settori di loro
competenza,  essendo  a  esse  consentito  soltanto,   eventualmente,
incrementare  i  livelli  della  tutela  ambientale,  senza,   pero',
compromettere  il  punto  di  equilibrio  fra  esigenze  contrapposte
espressamente individuato dalla norma statale (ex multis sentenza  n.
197 del 2014, punto 3.2. del Considerato in diritto). 
    Va ricordato che la giurisprudenza costituzionale ha accolto  una
interpretazione estensiva del termine paesaggio, che, sulla  base  di
una  «concezione  aperta»  del  medesimo,  si  e'  accomunata   nella
qualificazione   dell'ambiente   come   valore    costituzionale    e
nell'affermazione, da parte  della  giurisprudenza  costituzionale  e
anche da parte della dottrina, della  tutela  dell'ambiente-paesaggio
rimessa in via esclusiva allo Stato. 
    La norma impugnata viola, pertanto, gli articoli 9 e  117,  comma
2, lettera s), della Costituzione. 
2. Gli articoli 61, 66, 86 e 93 della  legge  regionale  28  dicembre
2018, n. 67 citata violano l'art. 117, comma 3, della Costituzione in
relazione all'art. 1, comma 174, della legge  30  dicembre  2004,  n.
311. 
    L'art.  61,  rubricato  «Disposizioni  in  materia  di   Servizio
sanitario regionale», dispone che «Nell'ambito  del  Fondo  sanitario
regionale, con l'adozione del D.I.E.F.  e'  destinata  una  dotazione
finanziaria di euro 400 mila per assicurare il rimborso  delle  spese
delle  associazioni  di  volontariato   impegnate   nei   centri   di
orientamento oncologico (Coro) della Rete oncologica regionale». 
    Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri  12  gennaio
2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 65 del  18  marzo  2017,
recante  «Definizione  e  aggiornamento  dei  livelli  essenziali  di
assistenza, di cui all'art. 1, comma 7, del  decreto  legislativo  30
dicembre 1992, n. 502», non prevede affatto tale rimborso. 
    L'intervento previsto dall'art. 61 citato integra,  pertanto,  un
livello ulteriore  di  assistenza  che  la  Regione  Puglia,  essendo
impegnata nel Piano di rientro  dal  disavanzo  sanitario,  non  puo'
garantire. 
    L'art.  66,  «Sostegno  ai  comuni  per  la  costruzione   o   il
risanamento dei canili sanitari», prevede che «1.  Al  fine  di  dare
piena attuazione, in aderenza alle previsioni dell'art. 8 della legge
14 agosto 1991, n.  281  (legge  quadro  in  materia  di  animali  di
affezione e prevenzione del randagismo), alle finalita' e ai principi
previsti dagli articoli 8 e 9 della legge regionale 3 aprile 1995, n.
12 (Norme per la tutela degli animali d'affezione e  prevenzione  del
randagismo), e in ragione della necessita' di potenziare la lotta  al
randagismo attraverso la realizzazione e/o ristrutturazione da  parte
dei comuni di  canili  sanitari,  nel  bilancio  regionale  autonomo,
nell'ambito della missione 13, programma 7, titolo  2,  e'  assegnata
una  dotazione  finanziaria  per  l'esercizio  finanziario  2019,  in
termini di competenza e cassa, di euro 500 mila. 2. Il  finanziamento
regionale potra' essere concesso ai comuni che ne  faranno  richiesta
per procedere alla realizzazione e/o ampliamento di canili  sanitari,
di proprieta' comunale nell'ambito del proprio  territorio  comunale,
quale  misura  diretta  a  potenziare   la   lotta   al   randagismo,
l'erogazione di  finanziamenti  regionali,  gravanti  su  risorse  di
natura sanitaria (missione 13), a favore dei comuni  richiedenti  per
procedere alla realizzazione e/o ampliamento di canili di  proprieta'
comunale.» 
    Si tratta anche in questo caso di un intervento non riconducibile
a quelli previsti dal citato decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri del 12 gennaio 2017. L'art. 86, «Disposizioni in materia  di
assistenza psicologica», prevede che  «1.  Al  fine  di  fronteggiare
l'aumento della prevalenza dell'incidenza di  patologie,  disturbi  e
disagi psicosociali, la Regione impegna i  direttori  generali  delle
ASL a potenziare l'assistenza  psicologica  nei  dipartimenti  salute
mentale (DSM),  nei  distretti,  nei  dipartimenti  delle  dipendenze
patologiche, nella riabilitazione  dei  deficit  fisici,  psichici  e
sensoriali e nelle aree ospedaliere critiche. 2. A tal fine la Giunta
regionale destina nel D.I.E.F. una  somma  pari  a  euro  un  milione
nell'ambito dell'utilizzo del Fondo sanitario regionale.» 
    L'art. 86, prevedendo di destinare un  milione  di  euro  per  il
potenziamento dell'assistenza psicologica nelle ASL,  impegna  a  tal
fine i direttori generali aziendali, senza che, pero',  il  Programma
Operativo 2016-2018 della  Regione  Puglia  preveda  espressamente  e
specificamente tali azioni. 
    L'art. 93, «Contributi straordinari per  la  sterilizzazione  dei
cani patronali», prevede che «1. Al fine di potenziare  la  lotta  al
randagismo sono concessi contributi straordinari  ai  comuni  per  la
realizzazione di campagne di sterilizzazione di cani  patronali.  Per
la predetta finalita', nel bilancio regionale  autonomo,  nell'ambito
della missione 13, programma 7, titolo 1, e' assegnata una  dotazione
finanziaria  per  l'esercizio  finanziario  2019,   in   termini   di
competenza e di cassa di euro 100 mila. 2.  Con  deliberazione  della
Giunta regionale, da emanarsi entro sessanta  giorni  dalla  data  di
entrata in vigore della presente legge, sono stabilite  le  modalita'
per l'accesso e la rendicontazione delle risorse di cui al comma 1.» 
    Si tratta, quindi, di una previsione che attiene alla concessione
di  contributi  straordinari,  gravanti  sempre   nell'ambito   della
missione 13, per la realizzazione di campagne di  sterilizzazione  di
cani patronali. 
    Il citato decreto del Presidente del Consiglio dei  ministri  del
12 gennaio 2017 contempla, invece, tali campagne  esclusivamente  per
cani e gatti randagi. 
    Gli articoli 61, 66, 86  e  93  citati,  configurando  misure  di
assistenza  supplementari,  tutte  -  pur   nella   loro   diversita'
contenutistica  -  accomunate  dalla  circostanza   di   non   essere
riconducibili ai livelli essenziali di prestazione fissati a  livello
nazionale, incidono sugli obblighi assunti dalla  Regione  Puglia  in
sede di Piano di rientro per il disavanzo sanitario. 
    Alle  regioni  impegnate  in  Piani  di  Rientro  dal   disavanzo
sanitario,   e'   vietato   effettuare   spese   non    obbligatorie,
espressamente  previsto  dall'art.  1,  comma  174,  della  legge  30
dicembre 2004, n. 311, contenente le «Disposizioni per la  formazione
del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  (legge  finanziaria
2005)». 
    L'autonomia legislativa concorrente delle regioni in  materia  di
tutela della salute e, in particolare, nell'ambito della gestione del
servizio sanitario, trova dei limiti in ragione degli obiettivi della
finanza pubblica e del contenimento della spesa, specie «in un quadro
di esplicita condivisione  da  parte  delle  regioni  della  assoluta
necessita' di contenere i disavanzi del settore sanitario»  (sentenza
n. 104/2013). 
    Le norme indicate in epigrafe, nel disporre l'assunzione a carico
del bilancio regionale di oneri aggiuntivi per garantire  un  livello
di assistenza supplementare, violano  il  principio  di  contenimento
della spesa pubblica  sanitaria,  quale  principio  di  coordinamento
della finanza pubblica, la cui determinazione e' riservata allo Stato
in base all'art. 117, comma 3, della Costituzione. 
    Va, inoltre, precisato che non risultano finora presentati  dalla
Regione Puglia i  programmi  operativi  per  il  triennio  2019-2021,
funzionali alla prosecuzione e all'adeguamento  dell'originale  piano
di rientro, nonche' alla attribuzione, in termini di competenza e  di
cassa, delle risorse finanziarie gia' previste a legislazione vigente
e condizionate alla piena attuazione del Piano (ai sensi dell'art. 1,
comma 1, del decreto-legge 31 maggio  2010,  n.  78,  convertito  con
modificazioni con la legge 30 luglio 2010, n. 122). 
    Gli articoli 61, 66, 86 e 93 citati dispongono finanziamenti  che
la Regione Puglia, essendo sottoposta a Piano di  rientro,  non  puo'
eseguire, stante il divieto di effettuare spese non obbligatorie,  ai
sensi dell'art. 1, comma 174, della legge 30 dicembre  2004,  n.  311
citata gia' richiamato. 
    Le disposizioni impugnate contrastano, pertanto, con l'art.  117,
comma 3, della Costituzione in materia di coordinamento della finanza
pubblica. 
3. L'art. 72 della legge regionale 28 dicembre  2018,  n.  67  citata
viola gli articoli 97 e 117, comma 2, lettera g), della Costituzione. 
    L'art.  72  citato,   recante   «Disposizioni   in   materia   di
inquadramento», dispone  che  «1.  Gli  specialisti  ambulatoriali  a
rapporto convenzionale, veterinari e di altre specialita',  che  alla
data  del  31  dicembre  2017  svolgevano  esclusivamente   attivita'
ambulatoriale, i veterinari in regime  di  convenzione  di  cui  alla
legge regionale del 3 agosto  2007  n.  25  (Assestamento  e  seconda
variazione al bilancio  di  previsione  per  l'esercizio  finanziario
2007) e personale laureato dirigente di cui alla  legge  regionale  9
giugno 1987, n. 16 (Norme  organiche  per  l'integrazione  scolastica
degli  handicappata),  a  convenzione  a   tempo   indeterminato   ad
esaurimento nell'ambito del servizio sanitario nazionale, a  domanda,
possono essere inquadrati nei ruoli con il trattamento  giuridico  ed
economico previsto dai contratti collettivi nazionali di lavoro della
dirigenza, nei limiti dei posti vacanti nelle dotazioni organiche. Ai
fini dell'inquadramento di cui sopra gli  interessati  devono  essere
titolari di incarico a tempo indeterminato non inferiore a  trentotto
ore settimanali e avere almeno cinque anni di anzianita' di  servizio
nella  pubblica  amministrazione.  2.   Resta   fermo   il   giudizio
d'idoneita'  espletato  con  le  procedure  di  cui  al  decreto  del
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  30  luglio  1997,  n.  365
(Regolamento per il giudizio d'idoneita' ai sensi dell'art. 9,  comma
8, del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n.  517).  3.  L'ingresso
nei ruoli determina l'automatica eliminazione dei  relativi  rapporti
convenzionali, pertanto, non comporta riflessi diretti o indiretti  a
carico del bilancio dell'ente.» 
    La norma impugnata contrasta, pertanto, con l'art. 15,  comma  7,
del  decreto  legislativo  30  dicembre  1992,  n.  502,  recante  il
«Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'art.  1
della legge 23 ottobre 1992, n. 421», il quale prevede,  in  tema  di
«Disciplina della dirigenza medica e  delle  professioni  sanitarie»,
che «Alla dirigenza sanitaria si accede  mediante  concorso  pubblico
per titoli ed esami, disciplinato ai sensi del decreto del Presidente
della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 484». 
    Peraltro, lo stesso decreto legislativo n. 502 del 1992, all'art.
8, comma 8, in tema di  «Disciplina  dei  rapporti  per  l'erogazione
delle prestazioni assistenziali», ha previsto una  specifica  ipotesi
di trasformazione dei rapporti convenzionali in  rapporto  di  lavoro
dipendente a domanda degli interessati, ma la deroga  cosi'  prevista
al principio generale del pubblico concorso e' stata contenuta  entro
limiti di tempo ben precisi. 
    La norma regionale che prevede la possibilita'  di  inquadramento
nei ruoli della dirigenza sanitaria  per  coloro  che  sono  titolari
d'incarico a  tempo  indeterminato  non  inferiore  a  trentotto  ore
settimanali e con almeno cinque anni di anzianita' di servizio  nella
pubblica amministrazione non e', quindi, conforme  alla  legislazione
statale e viola, pertanto, gli articoli 97 e 117,  comma  2,  lettera
g), della Costituzione. 
    L'accesso al  pubblico  impiego  mediante  procedure  concorsuali
aventi caratteri esplicitamente pubblicistici e la  sua  correlazione
con l'attuazione dei principi sanciti dagli articoli 51  e  97  della
Costituzione,   e',   invero,    «sottratta    all'incidenza    della
privatizzazione del lavoro presso le pubbliche  amministrazioni,  che
si riferisce  alla  disciplina  del  rapporto  gia'  instaurato»  (ex
multis, sentenza n. 4/2004). 
    La regolamentazione dell'accesso ai  pubblici  impieghi  mediante
concorso e' riferibile all'ambito della competenza esclusiva statale,
di cui all'art. 117, comma 2,  lettera  g),  della  Costituzione.  Il
concorso pubblico - quale meccanismo imparziale di selezione  tecnica
e neutrale dei piu' capaci sulla  base  del  criterio  del  merito  -
costituisce la forma generale e  ordinaria  di  reclutamento  per  le
pubbliche amministrazioni; esso e' posto a presidio delle esigenze di
imparzialita' e di efficienza dell'azione amministrativa (sentenza n.
363/2006). 
    Le  eccezioni  a  tale  regola  consentite  dall'art.  97   della
Costituzione,  purche'  disposte  con  legge,  debbono  rispondere  a
«peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico»  (sentenza
n. 81/2006), altrimenti la deroga si risolverebbe in un privilegio  a
favore di categorie  piu'  o  meno  ampie  di  persone  (sentenza  n.
205/2006). 
    Affinche' sia assicurata la generalita' della regola del concorso
pubblico disposta  dall'art.  97  della  Costituzione,  l'area  delle
eccezioni va, pertanto, delimitata in modo rigoroso. 
    La deroga che l'art. 72 citato, di fatto, introduce al  principio
del  pubblico  concorso  non  e'  conforme  ai  richiamati   principi
desumibili dalla normativa di riferimento. 
    L'art. 72 citato, nel prevedere l'inquadramento nei  ruoli  della
dirigenza degli «specialisti ambulatoriali a rapporto  convenzionale,
veterinari e di  altre  specialita',  dei  veterinari  in  regime  di
convenzione di cui alla legge regionale  n.  25/2007,  del  personale
laureato dirigente di cui alla legge regionale n. 16/1987» a semplice
domanda,  individuando  quale  unico  requisito  per   l'accesso   la
titolarita' di un incarico a tempo indeterminato  e  l'anzianita'  di
cinque  anni  di  servizio   nella   pubblica   amministrazione,   e'
illegittima per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera l),  della
Costituzione  in  riferimento  alla  materia  ordinamento  civile   e
dell'art. 97 della Costituzione per il mancato rispetto del principio
costituzionale del pubblico concorso. 
4. L'art. 102 della legge Regione Puglia  28  dicembre  2018,  n.  67
citata viola gli articoli 3, 23, 41, 117, comma 2, lettera e)  e  s),
119, comma 2, e 120, comma 1, della Costituzione. 
    4.1.  L'art.  102  citato,  recante  «Ulteriori  disposizioni  in
materia di rifiuti», dispone che «I rifiuti urbani e quelli  speciali
provenienti da fuori regione  destinati  allo  smaltimento  nei  siti
discarica, ubicati nel territorio regionale pugliese, soggiacciono al
riconoscimento in favore della Regione  Puglia  di  oneri  finanziari
nella misura pari ad un incremento del 20  per  cento  della  tariffa
applicata dal soggetto gestore, a titolo di ristoro  e  compensazione
ambientale.  Il  gettito  andra'  a  finanziare  un  fondo   per   la
realizzazione  di  interventi  di  piano   volti   al   miglioramento
ambientale del territorio interessato, alla tutela igienico-sanitaria
dei residenti, allo sviluppo di sistemi di controllo  e  monitoraggio
ambientale, nonche' alla gestione integrata del ciclo dei rifiuti». 
    La norma impugnata contiene disposizioni che incidono sul sistema
impositivo e sulle norme a tutela dell'ambiente, in violazione  delle
norme costituzionali indicate in rubrica. 
    L'art. 102 prevede, infatti,  per  l'ipotesi  di  smaltimento  di
rifiuti non provenienti dal territorio della stessa  Regione  Puglia,
l'applicazione di un'ulteriore aliquota contributiva in aggiunta alla
tariffa applicata dal gestore degli impianti di  smaltimento  rifiuti
presenti sul territorio regionale. 
    Il pagamento di  tale  tariffa  aggiuntiva  trova  ragione  nella
necessita'  di   compensare   il   disagio   legato   alla   presenza
dell'impianto sul territorio configurandosi come indennizzo «a titolo
di ristoro e compensazione ambientale». 
    L'onere  finanziario  cosi  istituito  rappresenta,   pero',   un
prelievo non previsto dalla legislazione statale. 
    La legge 28 dicembre 1995,  n.  549,  contenente  le  «Misure  di
razionalizzazione della  finanza  pubblica»,  come  modificata  dalla
legge 27 dicembre  2017,  n.  205,  in  materia  di  tributi  per  il
conferimento rifiuti in discarica ed impianti di incenerimento  senza
recupero energetico, all'art. 3, comma  27,  stabilisce  al  fine  di
compensare il disagio provocato dalla  presenza  di  un  impianto  di
discarica  o  di  incenerimento   senza   recupero   energetico   sul
territorio, che la Regione puo' destinare parte del gettito derivante
dal pagamento del suddetto tributo (per il deposito in discarica e in
impianti di  incenerimento  senza  recupero  energetico  dei  rifiuti
solidi,  compresi  i  fanghi  palabili),  ai  comuni  anche   qualora
limitrofi all'impianto. 
    Il comune, pertanto, riceve l'indennizzo dalla regione e non  dal
soggetto che smaltisce i rifiuti. 
    L'onere  finanziario  previsto  dall'art.  102   impugnato,   nel
disporre un onere aggiuntivo, assume  la  connotazione  del  prelievo
tributario  per  la  doverosita',   l'impossibilita'   di   sottrarsi
all'obbligo  e  l'assenza  di  collegamento   con   una   prestazione
corrispettiva e corrispondente. 
    La norma impugnata eccede, pertanto, dai limiti della  competenza
normativa della regione. 
    Le regioni possono istituire  tributi  solo  in  armonia  con  la
Costituzione e secondo i  principi  di  coordinamento  della  finanza
pubblica e del sistema tributario; in mancanza, come  detto,  di  una
analoga previsione nella legislazione  statale,  la  norma  impugnata
istituisce un tributo in violazione dell'art.  23  e  dell'art.  119,
comma 2, della Costituzione. 
    Il sistema finanziario e tributario degli enti locali e'  oggetto
delle disposizioni dell'art. 119 della Costituzione,  come  novellato
dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che  considera,  in
linea di principio,  sullo  stesso  piano  comuni,  province,  citta'
metropolitane  e  regioni,  stabilendo  che  essi  hanno   «autonomia
finanziaria di entrata e di  spesa»  (primo  comma);  hanno  «risorse
autonome» e «stabiliscono e  applicano  tributi  ed  entrate  propri»
(secondo comma), «in armonia con la Costituzione e secondo i principi
di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario». 
    Il  delineato  sistema  «...  impone  come  necessaria   premessa
l'intervento del legislatore statale, il quale al fine di  coordinare
l'intervento  della  finanza  pubblica  dovra'  non  solo  fissare  i
principi cui i  legislatori  regionali  devono  attenersi,  ma  anche
determinare le grandi linee dell'intero sistema tributario e definire
gli spazi e i limiti della potesta' impositiva dello stato, regione e
enti locali» e le  risorse  derivanti  da  tali  fonti  e  dal  fondo
perequativo istituito dalla legge dello Stato consentono agli enti di
finanziare integralmente le risorse pubbliche salva  la  possibilita'
per lo Stato di determinare risorse aggiuntive (sentenza n. 37/2004). 
    Pertanto, ai sensi del predetto art. 119, le Regioni sono  dotate
di «autonomia finanziaria di entrata e di spesa» e godono di «risorse
autonome» che sono  rappresentate  da  tributi  ed  entrate  proprie;
dispongono, inoltre,  di  compartecipazioni  al  gettito  di  tributi
erariali (sentenza n. 423/2004). 
    Per i territori che hanno minore capacita' fiscale la legge dello
Stato provvede, poi, a creare un fondo perequativo «senza vincoli  di
destinazione». 
    Nel loro insieme tali risorse devono consentire alle  regioni  ed
agli altri  enti  locali  di  finanziare  integralmente  le  funzioni
pubbliche loro spettanti. 
    Lo Stato puo' poi destinare «risorse  aggiuntive»  ed  effettuare
«interventi speciali» in favore «di  determinati»  comuni,  province,
citta'  metropolitane  e  regioni,   per   garantire   una   maggiore
uniformita' di distribuzione delle risorse sul territorio nazionale. 
    Solo a seguito della «novella» sono «tributi  propri  regionali»,
in base all'art. 119 della Costituzione, i «tributi  istituiti  dalle
regioni con propria legge, nel rispetto dei principi di coordinamento
con il sistema tributario statale»  (sentenza  n.  381/2004)  e  non,
invece, quelli istituiti con legge  statale,  il  cui  gettito  venga
attribuito alle regioni. 
    In tale contesto, anche a seguito dell'entrata  in  vigore  della
legge 5 maggio  2009,  n.  42,  «Delega  al  Governo  in  materia  di
federalismo fiscale in attuazione dell'art. 119 della  Costituzione»,
si colloca, appunto, l'attuazione dell'art. 119  della  Costituzione,
qualificata come  «doverosa»  in  conformita'  al  nuovo  riparto  di
competenze e alle nuove regole (sentenza n. 193/2007). 
    Costituisce  principio  costantemente   affermato   che   «appare
evidente che la  attuazione  dell'art.  119  della  Costituzione  sia
urgente al fine di concretizzare davvero quanto  previsto  nel  nuovo
Titolo  V  della  Costituzione,  poiche'  altrimenti  si  verrebbe  a
contraddire il diverso riparto di competenze configurato dalle  nuove
disposizioni; inoltre, la permanenza o addirittura la istituzione  di
forme  di  finanziamento  delle   regioni   e   degli   enti   locali
contraddittorie con l'art. 119 della Costituzione espone a rischi  di
cattiva funzionalita'  o  addirittura  di  blocco  di  interi  ambiti
settoriali» (sentenza n. 370/2003). 
    L'attuazione dell'art. 119 presuppone l'individuazione dei limiti
che gli enti territoriali incontrano  nello  stabilire  ed  applicare
entrate e  tributi  propri  «le  regioni  a  statuto  ordinario  sono
assoggettate al duplice limite costituito dall'obbligo di  esercitare
il  proprio  potere  di  imposizione  in  coerenza  con  i   principi
fondamentali  di  coordinamento  e  dal  divieto   di   istituire   o
disciplinare tributi gia' istituiti da legge statale o di  stabilirne
altri aventi lo stesso presupposto, almeno fino all'emanazione  della
legislazione statale di coordinamento». (sentenza n. 102/2008). 
    Le regioni non possono istituire e  disciplinare  tributi  propri
aventi gli stessi presupposti dei tributi dello  Stato  o  legiferare
sui tributi esistenti istituiti  e  regolati  da  leggi  statali,  in
mancanza dei principi di coordinamento della finanza pubblica  e  del
sistema tributario, che devono essere fissati dal legislatore statale
ai sensi dell'art. 119, comma 2, della Costituzione, alle regioni  e'
precluso ogni intervento legislativo sui tributi  erariali  (sentenze
n. 102/2008; n. 37/2004; n. 75/2006). 
    Conclusivamente, in materia tributaria, non puo'  affermarsi  una
piena esplicazione di  potesta'  legislativa  regionale;  allo  stato
della legislazione si deve tuttora ritenere preclusa alle regioni, se
non nei limiti ad esse gia' espressamente  riconosciuti  dalla  legge
statale la potesta' di legiferare sui tributi esistenti, istituiti  e
regolati da leggi statali (sentenze n. 296/2003 e  n.  297/2003);  e,
per converso, si  deve  ritenere  tuttora  spettante  al  legislatore
statale  la  potesta'  di  dettare  norme  modificative,  anche   nel
dettaglio, della disciplina dei tributi locali esistenti (sentenza n.
37/2004). 
    Solo per le ipotesi di tributi propri aventi presupposti  diversi
da quelli dei  tributi  statali,  puo'  sussistere  il  potere  delle
regioni di stabilirli, in forza del quarto comma dell'art. 117  della
Costituzione, anche in  mancanza  di  un'apposita  legge  statale  di
coordinamento, a condizione, pero', che  essi,  oltre  ad  essere  in
armonia  con  la  Costituzione,  rispettino  ugualmente  i   principi
dell'ordinamento tributario (sentenze n. 102/2008 e, in tal senso, n.
37/2004). 
    Spetta al  legislatore  statale  la  potesta'  di  dettare  norme
modificative, anche nel  dettaglio,  relativamente  a  tributi,  gia'
regolati dallo Stato, anche se destinati  al  gettito  alle  regioni;
fino a  quando  non  sara'  completato  il  processo  legislativo  di
coordinamento,  le  regioni  non  possono  istituire  e  disciplinare
tributi propri aventi gli stessi presupposti dei tributi dello Stato;
legiferare sui  tributi  esistenti  istituiti  e  regolati  da  leggi
statali; legiferare in materia tributaria  deducendo  i  principi  di
coordinamento dalle norme attualmente  in  vigore,  in  attesa  della
legge statale di coordinamento. 
    Va osservato che i suesposti principi non sono  stati  modificati
dalla disciplina introdotta della legge 5 maggio 2009, n. 42, «Delega
al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'art.
119 della Costituzione» citata e dell'attuativo decreto legislativo 6
maggio 2011, n. 68, «Disposizioni in materia di autonomia di  entrata
delle regioni a  statuto  ordinario  e  delle  province,  nonche'  di
determinazione dei  costi  e  dei  fabbisogni  standard  nel  settore
sanitario»,  che  ha  previsto  l'istituzione   di   tributi   propri
regionali,  all'art.  8,  con  una  elencazione  tassativa  che   non
comprende il tributo di conferimento in discarica. 
    L'art. 102 impugnato,  pertanto,  si  pone  in  contrasto  con  i
parametri costituzionali di cui agli articoli 117, comma  2,  lettera
e), della Costituzione, che riserva alla competenza  esclusiva  dello
Stato la materia del sistema tributario  e  all'art.  119,  comma  2,
della Costituzione, che subordina la possibilita' per  le  regioni  e
gli enti locali di stabilire e applicare tributi ed  entrate  proprie
al rispetto dei principi (statali)  di  coordinamento  della  finanza
pubblica e del sistema tributario: 
    Viola, altresi', la citata legge n. 42  del  2009  e  l'attuativo
decreto  legislativo  n.  68  del  2011  citato,   recanti   principi
fondamentali di  finanza  pubblica  e  che  qui  assumono  valore  di
parametri statali interposti. 
    4.2. L'art. 102  impugnato,  inoltre,  introduce  un  trattamento
sfavorevole per le imprese esercenti l'attivita' di  smaltimento  dei
rifiuti nella Regione Puglia rispetto a quelle operanti sul  restante
territorio nazionale; restringe la liberta' di  iniziativa  economica
in assenza di concrete e giustificate ragioni attinenti  alla  tutela
della sicurezza, della liberta' e della dignita'  umana,  valori  che
non possono ritenersi posti in pericolo dall'attivita' di smaltimento
controllato e sotto il profilo ambientale  compatibile  dei  rifiuti;
introduce un ostacolo alla libera circolazione tra le regioni,  senza
che sussistano ragioni giustificatrici, neppure di ordine sanitario o
ambientale (sentenza n. 335 del 2001), violando il  vincolo  generale
imposto alle regioni dall'art. 120, comma 1, della Costituzione,  che
vieta ogni misura atta ad ostacolare  la  libera  circolazione  delle
cose e delle persone fra le regioni (sentenze n. 62 del 2005 e n. 505
del 2002). 
    La norma impugnata viola, pertanto, gli  articoli  3,  41  e  120
della Costituzione. 
    4.3. L'art.  102  impugnato  contempla  talune  disposizioni  che
afferiscono  alla  tutela  dell'ambiente,  rimessa  alla   competenza
statale  ai  sensi  dell'art.  117,  comma  2,  lettera   s),   della
Costituzione. 
    Va  ricordato  che  la  materia  ambiente  e'   «trasversale»   e
«prevalente», spettando allo Stato, la competenza a fissare i livelli
di tutela uniforme sull'intero territorio nazionale. 
    Il carattere trasversale  della  materia  de  quo,  legittima  le
regioni  solo  a  provvedere  attraverso  la   propria   legislazione
esclusiva o concorrente in relazione a temi che hanno riflessi  sulla
materia ambientale,  dall'altro  non  interferisce  sulla  competenza
esclusiva dello Stato a  stabilire  regole  omogenee  nel  territorio
nazionale per procedimenti e competenze  che  attengono  alla  tutela
dell'ambiente e alla salvaguardia del territorio (sentenza n. 249 del
2009). 
    La   giurisprudenza   costituzionale,   infatti,   e'    costante
nell'affermare, da un lato, che  la  materia  «tutela  dell'ambiente»
rientra nella competenza legislativa esclusiva dello Stato,  appunto,
ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione
e inerisce a un interesse pubblico di valore costituzionale  primario
ed assoluto; dall'altro, che si tratta di una «materia  trasversale»,
titolo che legittima lo Stato ad adottare disposizioni a tutela di un
valore costituzionalmente protetto, anche in «campi di esperienza»  -
le cosiddette «materie» in senso proprio - attribuiti alla competenza
legislativa regionale. 
    Ne deriva che le disposizioni  legislative  statali  adottate  in
tale ambito fungono da limite alla disciplina che le regioni, anche a
statuto speciale, e le province autonome, dettano nei settori di loro
competenza,  essendo  a  esse  consentito  soltanto,   eventualmente,
incrementare  i  livelli  della  tutela  ambientale,  senza,   pero',
compromettere  il  punto  di  equilibrio  fra  esigenze  contrapposte
espressamente individuato dalla norma statale (ex multis sentenza  n.
197 del 2014, punto 3.2. del Considerato in diritto). 
    Conclusivamente,  l'art.  102,  nell'imporre  l'applicazione   di
un'ulteriore aliquota contributiva alla tariffa applicata dal gestore
degli  impianti  di  smaltimento  rifiuti  presenti  sul   territorio
regionale, nel caso in cui lo smaltimento  interessi  i  rifiuti  non
provenienti dal territorio pugliese, viola la legge n. 42 del 2009  e
l'attuativo  decreto  legislativo  n.  68  del  2011,  ponendosi   in
contrasto con i parametri costituzionali di cui all'art.  117,  comma
2, lettera e), della Costituzione, in materia del sistema tributario;
e all'art. 117, comma 2,  lettera  s),  in  materia  di  ambiente  ed
ecosistema; agli articoli 3, 41 e 119, comma 2, della Costituzione  e
120, comma 1, della Costituzione.